Liberarsi dalla gelosia e dal possesso
Linus ha scritto: Credo che qualcuno lo definirebbe semplicemente un problema di gelosia/possesso ma io proprio non so da dove partire per tentare di liberarmene perché è altamente "invalidante". È davvero un peccato perché non sono capace di vivere appieno e serenamente situazioni altrimenti piacevoli della vita. Che rabbia! So da dove nasce, so come agisce dentro di me e so che non porterà mai a nulla di positivo ma proprio non so come gestirla e affrontarla questa sensazione faticosa e fastidiosa, provo ad osservarla con distacco, ho provato ad ignorarla ma nulla, è troppo forte e profonda . Grazie!
Pier ha risposto: Sai da dove nasce e sai anche perché? Non solo a livello intellettuale, perché hai letto e studiato mille libri sulla gelosia e il possesso, ma a livello intimo e personale, direi esperienziale? Non credo, o perlomeno non sino in fondo, altrimenti ora staresti già osservando questo “problema di gelosia/possesso” svanire pian piano. Lo percepisci troppo forte e profondo perché non sei andata ancora in profondità sino a toccare il “fondo” della tua coscienza! Proviamo ad immergerci insieme, giacché la struttura essenziale della nostra mente è uguale in tutti noi. Viene prima la gelosia o prima il possesso?
Se osserviamo la dinamica e l’origine delle nostre emozioni e dei nostri pensieri non possiamo fare a meno di notare che il possesso nasce da un bisogno di controllare l’altro nella speranza di non perderlo, di non essere “fregati”, di non essere abbandonati! A sua volta questo movimento interiore, che sfocia spesso in conseguenti tristi comportamenti, è determinato da cosa? Perché cerchiamo di controllare l’altro, il nostro teorico amato o più in generale coloro che ci stanno a cuore? L’hai già visto dentro di te? Hai già notato come il bisogno di controllare l’esterno, il fuori, “l’altro” nasca dalla paura di comprendere come pensiamo e sentiamo veramente noi stessi in profondità? Controlliamo gli altri per evitare la paura di scoprire quel che pensiamo e sentiamo rispetto a noi stessi. Troppo spesso infatti, nel profondo della nostra coscienza vivono pensieri svalutanti, sentimenti di sfiducia e negatività. Nel profondo non ci amiamo, non ci accettiamo per quel che siamo, vorremmo essere diversi. Ma perché? Possiamo scendere ancora più in profondità? Perché non riusciamo a vivere liberi interiormente, senza alcuna forma di negatività auto-rivolta?
Perché la nostra cultura è totalmente estroversa, cioè diretta al fuori, all’osservare gli altri, come vivono, come si comportano, cosa dicono, pensano, mangiano e desiderano. Ognuno osserva ciascuno finendo nell’assurdo di creare una fantomatica idea di vita desiderata da tutti quando nell’essenza più vera nessuno sa chi è e cosa vuole realmente.
I nostri cinque sensi sono totalmente rivolti all’esterno, e noi li seguiamo come un cane zoppo segue il suo padrone. Dal continuo guardare fuori abbiamo sviluppato l’ossessione per le cose, per il corpo, e di guisa il terrore della morte e della perdita. Se ci sentiamo solo corpo e sensi è infatti inevitabile che la fine ci terrorizzi. Da questo comportamento unidirezionale aumenta parimenti il desiderio di potere, controllo, e ricchezze. Desideri che quando non riusciamo a realizzare – il che accade il più delle volte – fanno esplodere in noi l’invidia per chi li ha soddisfatti, per chi pensiamo e sentiamo meglio di noi, più interessante, più potente, appartenente alla società che conta! E così il risentimento monta, la collera invade i nostri pensieri, la paura ci opprime con forza crescente… Finiamo così per controllare con ancor più intensità ciò che più ci dà pienezza, significato, valore: i nostri affetti più cari, chi sentiamo capace di donarci affetto e calore. Ma il paradosso vuole che proprio questo nostro desiderio di amore carico di insoddisfazione verso noi stessi, con il suo sciocco bisogno di possedere, vada a distruggere proprio ciò che più di ogni altra cosa desideravamo proteggere.
Solo se comprendiamo chiaramente questo circolo vizioso, se vediamo come si finisca sempre per possedere e così distruggere ciò che si ama perché in quell’amore si vuole fuggire da un “noi stessi” oppresso dal paragone e dal giudizio, possiamo liberarci dai dolori e dalle miseri che provoca il possesso/gelosia.
Avere il coraggio di essere e vivere senza doversi paragonare a nessuno è l’antidoto ad ogni gelosia. Abbiamo cinque sensi rivolti verso l’esterno ma all’interno dimora, più o meno sepolta, l’intelligenza, e più questa si “mette in moto” più aumenta la sensazione di un profondo rispetto e amore per ciò che si può essere quando si smette di vivere pensandosi più o meno di qualcuno.
Dovremmo imparare a sentire il torto che facciamo alla nostra intelligenza, alla nostra più vera Essenza, quando cerchiamo di possedere le persone perché pensiamo che possano sempre lasciarci per qualcuno migliori di noi. Troppo spesso siamo più intenti a paragonare noi stessi agli altri anziché amare chi ci sta accanto: persone che finiscono così per essere unicamente degli strumenti utili a far muovere “l’altalena” della nostra invidia. “Lui guarda più lei o quell’altra, qual è meglio di me?”, così spesso ci comportiamo per poi vomitare la nostra invidia in faccia al partner reo di passare il tempo ad osservare “le Altre”. E così, più intenti a demolire il fuori che a costruire a amare il “dentro” contiamo le relazioni distrutte nell’arco di un’intera vita. I nostri telegiornali oggi contano persino il numero di donne ammazzate ogni hanno per questo meccanismo malato e tragicamente presente pressoché in ognuno di noi. Ciò che cambia è unicamente l’intensità.
Spero che queste parole ti aiutino ad andare sino infondo, sino al punto in cui i tuoi occhi non avranno più bisogno di guardare fuori ma potranno stare dentro, dentro al cuore di ogni tua relazione, liberi e felici…
Au revoir mon ami, au revoir mes amis,
Pier
Tags: Ricerca della felicità, Equilibrio interiore, Emozioni
Commenti
Sicuramente ho ancora molto da "lavorare" su questo aspetto.... anche se a volte penso sia solo questione d "lasciare andare"...
Un abbraccio e grazie ancora.
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