Essere e fare: tu non sei nulla di ciò che pensi!
Pietro ha scritto: Ciao Pier, quale differenza si cela fra “essere” e “fare”? Il fare è legato al carattere, quindi a come ci comportiamo quotidianamente nelle relazioni, dunque, se non erro, è relato alla parte più materiale di noi. L'Essere invece? Cos'è l'Essere? Il dubbio mi è nato proprio ascoltandomi nella vita quotidiana. Il mio amico “fa l'avvocato” e non “il mio amico è un avvocato”. A me piacerebbe “fare il commercialista” e non “essere un commercialista”. Dunque che relazione o che differenza esiste fra i due "termini"? Sono per caso complementari?
Pier ha risposto: Complementare, secondo il dizionario significa: “che si aggiunge a qualcosa completandolo, anche se non è necessario”. Premesso ciò, dal mio punto di vista l'Essere e il fare possono divenire complementari, ma raramente ciò accade. Inoltre è sempre il fare che può divenire complementare all'Essere e mai viceversa perché l'Essere è assoluto mentre il fare contingente. Metaforicamente l'Essere è l'oceano, il fare, le sue onde. L'oceano può esistere senza onde, ma non viceversa. Di norma, però, l'uomo è inconsapevole del suo Essere, di guisa vive il fare entro una dimensione allucinatoria e angosciante.
L'uomo medio si identifica continuamente a ciò che fa e che ha, pertanto, ogni volta che perde ciò che possiede, o la possibilità di fare ciò in cui si identifica, percepisce una sensazione di annientamento e spaesamento.
Pensiamo alla perdita del lavoro, di un amore o del denaro. “Io sono un maestro di scuola, un idraulico, un ladro, un santo, una mamma, ho una villa, ho una baracca, una macchina”, di conseguenza penso “sono ricco o povero, sono buono o cattivo, sono riuscito o fallito, sono questo e quello”. Mille onde impazzite senza nessun oceano che ci sostiene: questo siamo noi uomini oggi. Come è possibile tutto ciò?! Quando siamo nati avevamo un lavoro, una macchina, avevamo figli, mogli, mariti, possedimenti? No! Nulla! Allora cos'eravamo? Niente? Lungo il percorso di una vita mille cose possediamo e perdiamo, facciamo e poi smettiamo! Mille persone incontriamo e perdiamo, in molte relazioni entriamo e da altrettante ne usciamo. Perché ogni volta che entriamo in un'esperienza ci perdiamo totalmente in essa? Perché non siamo consapevoli di chi siamo realmente, perché continuiamo a inseguire le ombre del mondo fenomenologico come sciocchi bambini che rincorrono fiocchi di neve e piangono quando questi si sciolgono a contatto con la terra.
Il mondo fenomenologico (tutto ciò che appare ai nostri sensi) è mutevole, impermanente: meraviglioso se vissuto consapevoli della sua natura contingente, straziante se esperito nel desiderio di poterlo possedere eternamente e secondo proprio sghiribizzo.
Ci attacchiamo alle cose e a ciò che facciamo quando seguiamo il sentiero dell'espansione e del potenziamento della nostra idea di “Io”. Quanto ci fa sentire forti e appagati possedere denaro, prestigio, una bella casa, una bella donna o un bell'uomo, un lavoro influente...
Quanto ci fa sentire “Io sono speciale, fondamentale, potente, determinante”. L'identificazione dell'idea di “Io” con le cose e le azione nasce a causa del piacere che ciò dà in principio. Peccato però che nulla di tutto ciò duri, di guisa, tanto più ci identifichiamo a qualcosa, tanto più soffriamo quando questa ci viene sottratta. Pensiamo, per esempio, a un ricco che si suicida a causa della perdita dei suoi beni. Che senso ha tutto ciò? Non sarebbe dovuto morire ugualmente entro un po' di anni?! Ha perso tutti i soldi, va bene, capisco che sia giù di morale, ma perché suicidarsi? Non era meglio godersi gli ultimi anni di vita con poco denaro ma perlomeno vivo? No! Per lui no! Perché? Perché la sua idea di “Io” si era così ingigantita e identificata al pensiero di “essere” ricco e potente da provocargli, una volta finita, un'idea di sé talmente dolorosa non poter essere sopportata.
“Io ricco e potente ora povero e miserabile? No mai, meglio morto, perché questo non sono io!” Così pensano troppe persone: chi con il denaro, chi con le relazioni, chi con il lavoro o la posizione sociale. Gli oggetti cambiano ma la causa è sempre la stessa: l'identificazione. Questa è anche la causa dell'enorme paura che la morte esercita sulle persone, poiché rappresenta la possibilità di perdere tutto definitivamente, irrimediabilmente. Il piacere che dà l'idea di “Io” quando la identifichiamo a qualcosa di esaltante è grande quanto il dolore che ci attende, ma questo l'uomo sembra non averlo ancora capito, se non inconsciamente. A cosa servono poliziotti, eserciti, leggi, armi, cancelli, inferiate, se non a dimostrare quanto l'essere umano desideri proteggere e mantenere il più a lungo possibile i sui possedimenti. Molta gente quando sente queste parole passa subito a dire: ma senza leggi, polizia, ecc., vivremmo nel caos, nella violenza. Sicuramente, dico io, ma non è certo investendo sempre più le nostre risorse in questo genere di cose che otterremo pace. Tutto ciò è un male necessario nato come risposta a un male ben più grande che consiste nel nostro desiderio di espanderci e dominare. L'unica vera possibilità che abbiamo per uscire da tutta questa faccenda sta nell'investire le nostre energie, sia mentali che economiche, nello smantellamento del nostro egoismo, della nostra identificazione con le cose e i ruoli che giochiamo nella società. La vera risposta sta nel far crescere l'amore incondizionato, il gioco, la leggerezza, la risata, la sobrietà, in una sola parola: Essere!
Cos'è l'Essere?
Quando avremo rimosso tutte le nostre identificazioni, le nostre difese e le nostre idee aprioristiche, lo scopriremo, ma non come un nuovo pensiero a cui aggrapparci, ma come una potente e onnipervasiva sensazione di appartenenza a questa vita e a ogni sua creatura e manifestazione. Ecco allora che potremo finalmente godere dell'amore, delle relazioni, delle cose e dei lavori che faremo senza più percepire alcun bisogno di possesso, di manipolazione, di difesa o autocompiacimento. L'Essere è! Tutto il resto è solo un gioco di colori e forme che da Lui provengono e in Lui ritornano. In questa nostra esistenza, non v'è nulla da temere e nulla da perdere se non una cosa: l'illusione di essere qualcosa, l'inganno di credere d'esistere separati dal Fiume della Vita, separati dall'Essere infinito che dimora in ogni luogo.
Tags: Equilibrio interiore
Commenti
Tu uomo dovrai guadagnarti il pane col sudore della tuo fronte e tu Eva avrai i tuoi figli con dolore...( il parto è una cosa seria)
Nel mio dubbio mi domando perchè non lasciare ad Adamo ed Eva mangiare il frutto proibito della Conoscenza ("dell'essere" )lasciando solamente il "fare" ad entrambi per sopravvivere... ? Certo senza Oceano non ci possono essere le onde. L'uomo è stato lasciato solo con le sue imperfezioni che sono quelle che patisce lungo tutta la sua esistenza...
Lungi da me il rimprovero al "Suo" operato
Le leggi sono fatte dall'uomo per difendersi da se stesso. Quanto sarebbe stato differente se.....l'Amore fosse stato creato assieme all'uomo e non adesso cercando la soluzione in quello che doveva essere la base di tutta la creazione.....f ilosofia...l'or iente a differenza dell'occidente nel suo stile profetico judeoicristiano , non predica non moralizza non rimprovera non tratta di vendere niente....
Solo un dubbio....
Ciao
M
Ciao
M
Viviamo nello stesso mondo con storie e vite differenti, però se non lavori non mangi. 8 o
10 ore che importanza ha?
saluti.
http://www.youtube.com/watch?v=GtN6CXjmrIg&feature=related
Guarda come alcune persone riescono a vedere la vita.Anche per me è impossibile pensare come loro.Ciao RE
Per principio io, ammiro chi fa le proprie scelte e vive di conseguenza senza far del male agli altri.Esprimo le mio opinioni che son lontane dal dare cosnsigli perchè uno sbaglia per proprio conto e gli sbagli si accettano perchè ti permette di correggerti.
Tanti funghi in un bosco.( pensierini di un povero pazzo)Ciao.
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