Sabrina ha scritto: Ciao Pier, sono dell'idea che il nostro spirito ci guidi verso la nostra illuminazione, verso l'ascesi, ma poi mi scontro con la mancanza di costanza e con una volontà labile quando si tratta di perseverare sul cammino verso la consapevolezza interiore: sono distratta, ho poca memoria, spesso leggera. Come è possibile che le due cose possano convivere? E possibile dunque penalizzare così il nostro “Io superiore”? Spero di essere stata chiara.
Un abbraccio,
Sabrina
Pier ha risposto: Cara Sabrina, non so se tu sia stata chiara come non so mai se lo sia stato io, ma ciò è irrilevante per chi desidera capirsi veramente, poiché tornerà instancabilmente a confrontarsi siano a quando non avrà più alcun dubbio. Detto ciò, per quanto posso aver compreso mi sento di dirti questo: per me la volontà e la memoria sono pressoché inutili per quanto riguarda la conoscenza di noi stessi. Il nostro viaggio interiore è tutta una questione di consapevolezza e condizionamenti: punto e basta. Più vediamo l’importanza d’essere consapevoli e più sciogliamo i nostri blocchi, ma questo non c'entra nulla con la memoria. La memoria serve per registrare dati e ripescarli quando ci servono, la memoria è utile in certi lavori, ma per quanto riguarda la nostra libertà interiore è minimamente coinvolta. Certo, se una persona dimentica persino quel che ha detto l’istante prima, i guai sono seri, ma non credo sia il tuo caso.
Battute a parte, anche la volontà c'entra poco se la intendiamo come sforzo per rimanere lungo un sentiero o per raggiungere un obbiettivo. La nostra cultura ha innalzato il concetto di volontà su di un piedistallo dorato unicamente perché viviamo in modo snaturato. Perché devo sforzarmi per raggiungere qualcosa? Se voglio e faccio qualcosa con tutto me stesso non mi devo sforzare. Forse suderò un po’, ci metterò del tempo, ma non dirò mai: “mamma mia che volontà che ho dovuto mettere in gioco, se non mi fossi costretto a quest’ora avrei già mollato da un pezzo”. Perché dovrei pronunciare parole simili se desidero e amo con tutto il cuore ciò che faccio e perseguo? La volontà ce la insegnano sin da quando siamo piccoli. Ci continuano a dire che un uomo senza volontà è un fallito, ma questi sono tutti giochini psicologici per condizionare i bambini, per costringerli a fare ciò che non vogliono. Invece di capire perché un bambino non vuole fare qualcosa, subito gli diciamo: “Svogliato, così non diventerai mai nessuno!”.
Cercare di capire è rischioso poiché potremmo scoprire che ha ragione il bambino, che quel che gli stiamo chiedendo di fare è un benemerita fesseria che magari noi abbiamo portato avanti per una vita intera. Comprendere spesso non è conveniente per la routine delle nostre vite condizionate. La volontà serve solo a chi sta facendo ciò che non gli piace. Una grande capacità mnemonica serve invece solo in certi lavori o in certi campi di ricerca, ma non per la conoscenza di sé.
È anche vero che conoscere se stessi a volte può portare a scoperte poco piacevoli, dopo le quali non si vorrebbe più continuare l’indagine, ma un lavoro può piacere o non piacere, lo posso cambiare, come un paio di scarpe o una maglia, ma quel che io sono non lo posso gettare e sostituire, è la mia realtà, è ciò con cui ogni giorno devo andare in giro, volente o nolente. L’unica possibilità che ho per liberarmi da quel che di me non mi “piace” è osservarlo e comprenderlo totalmente.
Se le cose stanno così è inutile pensare di non avere volontà e per questo credere di perdere la possibilità di superare i propri condizionamenti. Per chi ha iniziato a intravedere le sofferenze che sono inevitabilmente connaturate alle nostre piccole identità, la possibilità di fuggire da se stessi non è concepibile, di conseguenza la volontà è irrilevante.
Si può continuare a dormire solo sino a quando non si sa di essere addormentati. Forse per ancora un po’ di tempo ci si rotolerà fra le coperte, si avranno gli occhi offuscati da rimasugli di sogni, ma quella scintilla di consapevolezza che ci dice “sei sveglio, non puoi più dormire, devi alzarti e iniziare a vivere”, non la si potrà più negare. Dal mio punto di vista non ti devi preoccupare della tua volontà e tanto meno della tua memoria. L’unica cosa che conta è la consapevolezza di quel che sei e fai istante dopo istante. A volte non sarà piacevole, ma per quanto potrai guardare altrove prima di ritornare a desiderare di comprendere e scoprire cosa si nasconde dentro di te? La ricerca interiore non è un fatto di volontà o pigrizia, ma una questione di desiderio e intuizione. O ci sono o non ci sono. Quante volte nella vita abbiamo desiderato ardentemente qualcosa? Spero molte, e in quelle occasione non ci siamo mai dovuti interrogare sul come trovare la volontà per raggiungere ciò che volevamo.
Un caro saluto,
Pier
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LA VOLONTà E LA CONSAPEVOLEZZA NON POSSONO STARE NELLA STESSA FRASE. LA CONSAPEVOLEZZA è QUELL'ATTIMO CHE CI CAMBIA PER SEMRE, DAVANTI A CUI NON POSSIAMO FARE FINTA DI NIENTE E CI FA SCEGLIERE. LA VOLONTà è UN PENSIERO, è UN ARTEFATTO INVENTATO DA NOI PER POTER FARE FINTA DI VOLER ESSERE MIGLIORI. IL NOSTRO SPIRITO DEVE ESSERE IL SENTIRE, NON IL VOLERE.
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