Primo passo: goditi la tua vita
Adelaide ha scritto: Caro Pier, hai spesso detto che ciò che fai e scrivi lo fai per te stesso, se qualcuno vuol condividerle ben venga, altrimenti te lo godi da solo. Puoi chiarire?
Pier ha risposto: Cosa significa “ciò che faccio lo faccio per me stesso”? Ho spesso usato questa affermazione per sottolineare quanto, dal mio punto di vista, sia fondamentale per una reale liberazione della propria coscienza smettere di voler cambiare la vita degli altri. Vivere ricercando il proprio equilibrio, ciò che ci può dare vera pace e serenità, è una faccenda che riguarda unicamente noi stessi, il nostro mondo interiore. Viceversa le persone, ahimè, tendono a voler cambiare tutto quel che le circonda inconsapevoli che il maggior impedimento alla loro felicità risiede in loro stesse, nello sguardo attraverso cui “leggono” il mondo, nei sogni che proiettano sulla vita e che pretendono di vedere esauditi (dove il problema è la pretesa, non certo il sognare o il desiderare).
Da tempo, infatti, ho iniziato ad abbandonare l’attitudine mentale di voler cambiare ciò che mi circonda, e che non dipende strettamente da me, nella speranza di vivere in pace o trovare appagamento. Quando ho compreso l’errore e la dannosità di questa ‘forma mentis’ ho potuto iniziare ad occuparmi seriamente di me stesso. Un po’ alla volta ho notato che più camminavo tranquillo e sereno lungo la mia via, più chi mi circondava prendeva spontaneamente una nuova posizione nei miei confronti e, di conseguenza, con se stesso.
La cosa fondamentale, però, è che in tutto ciò, da parte mia, non v’è la minima intenzione di agire direttamente ed egoisticamente sulla vita di chi mi sta accanto. Indago “chi sono” e vivo tutto ciò che la vita mi offre come un fine in sé. Il cambiamento che ne deriva genera inevitabilmente, quanto spontaneamente, un mutamento in quel che mi circonda. È come accendere una candela: la sua luce illumina quel che le sta intorno. Se altre candele desiderano avvicinarvisi per accendersi bene, se fuggono per paura di prendere fuoco e consumarsi, bene ugualmente. La scelta del cambiamento deve nascere sempre spontaneamente dall’interno di ogni “individuo - candela”, non può e non deve venire da un agire egoistico o da un atto di manipolazione, coercizione, o indottrinamento esterno.
Questo è esattamente il significato del mio dire: “le cose che faccio e scrivo le faccio in primis per me te stesso.” Se qualcuno si sente attratto, coinvolto, desideroso di condividere, ben venga, è meraviglioso, ma in caso contrario il mio viaggio me lo godo da solo, prosegue ugualmente, nella sua intrinseca libertà e spontaneità.
Credo sia ora importante riflettere sul perché vogliamo sempre cambiare ciò che ci circonda senza prima prestare attenzione a noi stessi. Solitamente cerchiamo di modificare le persone e, più in generale, ciò che ci circonda perché abbiamo desideri e progetti che proiettiamo sul mondo e che nei fatti non riescono a trovare corrispondenza. Poiché non conosciamo la nostra reale natura interiore, giacché la nostra attenzione è sempre rivolta all’esterno, ci sentiamo perennemente mancanti, persi in una ricerca compulsiva di qualcosa che nemmeno ben comprendiamo e conosciamo. Finiamo così per aggrapparci a persone e cose nella speranza di ottenere conferme, sicurezze e appagamento. Il guaio è che tutto cambia, finisce o muore. Oltretutto le persone che ci circondano sperano tanto quanto noi di trovare negli altri, nel fuori, appagamento e sicurezza, così alla fine rimaniamo a mani vuote, delusi e impauriti gli uni dagli altri. Per questo le nostre relazioni si trasformano tanto facilmente in litigi fra mendicanti che provano a sottrarsi un misero tozzo di pane.
Entriamo in ogni nuova relazione sentimentale credendo sempre di aver trovato un principe o una principessa, ma dopo poco tempo ci accorgiamo di stringere la mano a un poverello. Sino a quando non incontreremo quella pace e quella serenità che non dipendono da nulla e da nessuno, poiché provengono dalla sorgente più profonda della nostra stessa Coscienza, ogni nostra azione è destinata, prima o poi, a procurarci delusioni e sofferenze. Visone della vita sconsolante? No, dico io; semplice osservazione del reale accadere delle cose, dell’effettiva struttura psichica e relazionale dell’essere umano.
Infatti, se osserviamo le dinamiche umane con una mente sufficientemente libera dalla paura e dal bisogno vedremo chiaramente come il voler cambiare gli altri sia una prerogativa dell’egocentrismo. Tutt’altra cosa è invece aiutare il prossimo a far emergere la sua essenza interiore. Quando si vuole cambiare qualcuno si parte da un rifiuto, si ritiene che nell’altro qualcosa non vada e si è convinti di sapere cosa dovrebbe diventare, fare, che pensieri dovrebbe avere, quali riti o codici morali dovrebbe rispettare.
Contrariamente, quando si è sufficientemente consapevoli di se stessi, di quale inviolabile quiete e libertà risieda nella natura stessa della più profonda coscienza dell’essere umano, l'unica cosa che ci si sente e permette di fare è aiutare le persone a scoprire quella stessa realtà interiore, sempre che lo voglia, che ne intuisca la rilevanza, totalmente privi di qualsiasi fanatismo o invasamento messianico. Ma per fare ciò dobbiamo, per l’appunto, aver iniziato a conoscere e liberare in primis noi stessi. Solo così potremo agire liberi da dannosi desideri egoistici di voler cambiare il mondo e le persone, guidati unicamente da un amore e un’intenzione incondizionati.
In sintesi, chi trova in sé stesso, al di là di ogni causa e condizione, pace e libertà, non cova più alcun bisogno di sfruttare l'altro o di dipenderne, anzi, nell'altro vedrà unicamente una coscienza potenzialmente altrettanto serena e libera, momentaneamente persa nei conflitti e nelle illusioni che nascono dalla non conoscenza di sé. Da quanto detto risulta pertanto che il vero egoista non è colui che si occupa di sé, ma colui che vede gli altri unicamente come un mezzo per appagare i propri bisogni e desideri.
Quante sette, chiese e istituzioni non sono altro che organi di controllo, manipolazione, sfruttamento e violenza? Quante persone quando iniziano a credere o volere qualcosa vorrebbero che il mondo intero si adeguasse al loro ideale? Questa è l’esatta attitudine mentale che scaturisce da paure e ignoranza. Cristiani che cercano di convertire mussulmani, induisti che lottano contro cristiani, buddisti perseguitati da comunisti, mariti in conflitto con le proprie mogli, figli in lotta con i padri, famiglie contro altre famiglie... Idee, appartenenze, schieramenti, ideologie, tutte cose che ci dividono nel tentativo di esaltare la nostra identità egocentrica, di espandere l’idea che serbiamo di noi stessi nel cuore e nella mente.
Siamo persino disposti ad uccidere per affermare o imporre le nostre idee, e questo accade proprio perché in realtà non sappiamo chi siamo. Quando non conosciamo l’essenza che ci muove e che anima ogni altro essere umano, pensieri e parole divengono unicamente strumenti per nascondere la nostra ignoranza, mezzi per difendere le nostre vuote appartenenze, non più delle “porte” per aprirci alla conoscenza e alla comunione gli uni con gli altri.
Crediamo in Dio perché non sappiamo nulla di Dio, possediamo e siamo gelosi in “amore” perché non intendiamo nulla del vero amore. I nostri credo sono figli del nulla, per questo quando vengono messi in discussione, la paura di scoprirci totalmente ignoranti rispetto alle cose più importanti della nostra stessa esistenza, ci spinge ad aggredire, a ridurre al silenzio ogni voce che potrebbe rivelarci il nostro vuoto vivere. Perché vorremmo che tutti appartenessero alla nostra chiesa, al nostro partito politico, alla nostra razza, alla nostra ideologia…? Perché eliminando le diversità rimuoviamo la possibilità che la nostra falsità si palesi. Senza il confronto con il diverso svanisce ogni possibilità di vagliare la veridicità della nostra identità. Ecco allora che rivendichiamo con maggior forza e violenza proprio quelle idee che meno ci sono chiare e certe, scopriamo così, paradossalmente, che per poter continuare a sostenere delle menzogne un nemico ci è indispensabile come l'aria che respiriamo.
Perché tutto questo odio sostenuto e alimentato in ogni modo possibile? Perché questo atavico rifiuto di provare ad amare la vita che batte nel cuore di ogni individuo? A cosa servono fedi, culture, filosofie e scienza, se vengono unicamente usate come mezzi per giustificare le peggiori atrocità perpetrate dall’uomo sull’uomo? Ci invito a rivendicare un'unica appartenenza, quella alla vita. Rifiutiamo e ribelliamoci ad ogni appartenenza religiosa, politica, di razza, nazione, ceto o pensiero che nei fatti portano divisioni e conflitti. Con questo non intendo sostenere che si debba attaccare e distruggere ogni faziosità, altrimenti ricadremmo nel medesimo meccanismo di sempre. Semplicemente invito a vedere e sentire la falsità e la dannosità di ogni forma di condizionamento, pertanto a rifiutare totalmente ogni identificazione. Mi auguro infatti che attraverso la riflessione e l’esercizio della consapevolezza sempre più persone partecipino a questa ribellione interiore.
Ogni individuo sino a quando non comprenderà quanto deleterio sia vivere entro confini che cozzano continuamente con altrui confini è destinato a vivere nella paura e nella violenza. Liberiamoci quindi da ogni limite, incluso quello di non avere limiti, affinché si possa vivere sereni accanto a chiunque, salvo ovviamente non venga messa in pericola la nostra o l’altrui integrità fisica o psichica. Ciò non dovrebbe significare che qualora si crei l’occasione propizia per riflettere amichevolmente non ci si debba spendere nel piacevole tentativo di mettere in discussione ogni forma di divisione e condizionamento.
L’indagine esistenziale è osservazione, scoperta, cura e amore per la vita, di guisa non può essere strutturata in gerarchie, dogmi o cechi fideismi. La vita attraverso i fatti dialoga direttamente con la coscienza di ogni individuo, pertanto non v’è alcun bisogno dell’autorità di qualcuno per comprendere e realizzare il significato ultimo delle cose, semmai dell’amorevole presenza di una guida, di chi ha fatto più strada di noi, ma questa è chiaramente tutt’altra forma di relazione, è la diversità che sussiste fra autorità e autorevolezza, fra stima e timore, fra amore e paura.
Per aprirsi alla vita si ha unicamente bisogno di un totale e onesto desidero di vedere, conoscere e sentire oltre ogni paura, egoismo e divisione. Questo desidero è presente sin dalla nascita in ognuno di noi e per questo è ontologicamente libero da ogni possibile forma di dipendenza. Questo desidero ci porta a vedere, sentire, rispettare e curare la nostra unicità, e, pertanto, l’unicità di ogni persona che incontriamo, giacché l’altro non può essere altro che lo specchio della nostra stessa coscienza, del nostro stesso desidero di libertà e gioia. Questo desiderio deve essere aiutato a riaffiorare eliminando i tanti strati di difese e paure che il tempo ha accumulato sulla superficie della coscienza umana.
Invero la vita accade solo quando abbandoniamo ogni identificazione, quando smettiamo di alimentare quel pesante senso di appartenenza a un gruppo che tanto appaga la brama di potere e sicurezza del nostro ego. Una piena e vera umanità si realizza quando riconosciamo in ogni forma di vita quel potenziale che desidera essere, amare e creare al di là delle apparenti e superficiali necessarie diversità.
La vita si può rispettare e amare solo rispettando e amando ogni singola persona e creatura che abitano questa terra, qui ed ora, realmente, direttamente, partendo proprio da noi stessi. Come è possibile amare delle idee che ci dividono e in nome di queste uccidere le persone? Con le idee non mangiamo, non beviamo, non facciamo l’amore, non mettiamo al mondo figli, non troviamo risposte alla solitudine e alla morte, non amiamo, non viviamo!
Chi crede in Dio e lotta per Lui contro i suoi fratelli, ha scambiato Dio per il suo impaurito “Io”, per il suo egoismo, per la sua mente condizionata. Chi predica l’amore, l’accoglienza, e poi lascia fuori dalla porta della sua chiesa il viandante, il diverso, è unicamente un ipocrita che alimenta il dolore mentre rimpingua le sue tasche.
Amore e libertà vengono prima di ogni cosa. Non la parola, non l’idolatria di un concetto, ma un esperienza e un fare reali, che mettono la vita e il bene di ciascuno al di sopra di ogni appartenenza. Per fare ciò è però necessario abbandonare ogni idea di diversità che implica ostilità, di proprietà come espansione prevaricante, di egocentrismo che è padre di tutte le paura e le violenze. Questa, a mio avviso, è l’unica via possibile per una vera realizzazione interiore e sociale. Solo in pochi la desiderano e la perseguono? Intanto la percorro e la godo in compagnia di quei pochi, gli altri verranno a tempo debito, dopo aver ben testato la realtà dei fatti.
Molte volte mi è stato detto che questa visione delle cose non è realizzabile in un mondo dove la violenza e il conflitto sono così diffusi e radicati. Ritengo che una tale posizione sia solo una giustificazioni per non confrontarsi con la paura del cambiamento. Chi la sostiene dimostra unicamente di non aver ancora pienamente compreso la futilità e la pericolosità del vivere persi nella frammentazione che produce una mente condizionata. Se arriva un terremoto e la mia casa sta crollano non credo mi metterò alla finestra per vedere se anche altre persone escano di casa.
Solo iniziando da sé si può contagiare l’ambiente che ci circonda. Se si inizia dagli altri si dovranno inevitabilmente usare mezzi di manipolazione, indottrinamento e coercizione. Ma così si ricreano divisioni, conflitti e appartenenze. Chi inizia dagli altri ha paura dell’ambiente in cui vive, di essere sopraffatto, fugge da se stesso, dall’inquietudine che genera comprendere di non sapere chi si è veramente, e chi ha paura non può sicuramente collaborare alla generazione di una società priva di sofferenze.
Partiamo da noi stessi, se qualcuno vorrà condividerle ben venga, altrimenti ce la godremo fra noi!
Pier
Tags: Equilibrio interiore, Pace della mente
Commenti
e controproducent e cercare di cambiare gli altri.
Io ovviamente parlo partendo dal mio piccolo Mondo,col quale e nel quale convivo.e dopo tanti affanni,guerre, tentativi di ogni genere,mi sono arresa,e nella resa,mi e' venuto spontaneo,comin ciare a dare,ascolto,co mprensione,ad accettare la diversita' come stimolo e non per attaccare o difendere alcunche', non per vigliaccheria,paura,ma
perche' nulla posso perdere,giacche ' nulla posseggo o sostengo se non me stessa!
Si ,son d'accordo con te quando dici che l'esempio
e' il contagio piu' efficace,ma purtroppo io non ho potuto limitarmi a questo,non e' bastato,servono anche le parole,(tu mi hai contagiata attraverso le tue senza conoscerci) e forse pecco di immodestia,ma se
non dicessi,spiegas si,facessi capire fondamentali,
e minimi modi di porsi alla Vita e ai suoi accadimenti,con semplicita' e leggerezza,inve ce di andarci contro con la rabbia ed il rancore,se non avessi detto che chi attacca un'altro,non solo attacca se stesso,ma ostacola e manipola la crescita del suo Essere,io oggi non avrei accanto un'uomo,non dico diverso,ma quantomeno piu' consapevole,piu ' partecipe,piu' sensibile! io non lo voglio come piacerebbe a me,ma farei di tutto per farlo essere se stesso,comunque sia.Da cio',secondo me puo' nascere un confronto,anche se io la penso diversamente,po sso e devo rispettare e onorare le sue idee,ma che siano,da entrambe le parti,accettate e comprese,sgombr e da ogni tipo di prevaricazione o dominate dall'ego.
Se e' pur vero che un cieco non puo' guidare un'altro cieco,io credo che se uno dei due comincia a vedere qualcosa,sarebb e cosa bella e buona che egli descrivesse all'altro la meravigliosa emozione forma,e bellezza dei colori stupendi di un'Arcobaleno!
L'altro non puo' vederli,ma almeno puo' immaginare...pr ovarne gioia ed emozioni..e magari scegliere di levarsi gli occhiali scuri...
alla prossima,vorrei ancora dire,ma la quotidianita',n elle sua materialita',mi chiama,
vado a cucinare,e' tardi..ma sempre troppo presto,
per andarmene da qui...
Le persone non vogliono, non riescono a rendersi conto che devono smettere di giudicare, di guardare la pagliuzza negli occhi degli altri quando hanno una trave nei loro... Il mondo sarà un paradiso in tutti i sensi quando tutti avranno deciso di concentrarsi e di lavorare su quella trave..
Per il dubbio che mi pare di intuire nelle parole di Adelaide (almeno per come è risuonato in me) non posso che confermare sicuramente il fatto che l'esempio sia la più alta forma d'insegnamento, non può essere altrimenti.. poi però capisco che a volte sia difficile distinguere (almeno a me capita ancora) tra le situazioni che richiedono un nostro diretto e attivo intervento e quelle che vanno lasciate a se stesse, in cui per così dire è meglio tacere e lasciare più alla vita... ma anche qui credo sia il solito problema di mente... credo non ci sia altro da fare che agire sempre dal cuore, in armonia con la situazione e ciò che richiede...
Grazie a voi per queste bellissime riflessioni.. Un abbraccio e che la Vita sia con voi..
Fabio
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