Tributo allo "Zarathustra" di F. Nietzsche
"Così parlò Zarathustra" è un libro che ho amato moltissimo e che ritengo pregno di intuizioni illuminanti, per questo desidero condividere con voi, amici, compagni di viaggio e semplici passanti alcune brevi parole in proposito.
“Ma ditemi, fratelli, che cosa sa fare il bambino, che neppure il leone era in grado di fare? Perché il leone rapace deve diventare anche bambino? Il bambino è innocenza e oblio, un nuovo inizio, un gioco, una ruota ruotante da sola, un primo moto, un sacro dire sì. Sì, per il gioco della creazione, fratelli, occorre un sacro sì: ora lo spirito vuole la ‘sua’ volontà, lo spirito perduto per il mondo ora conquista per sé il ‘suo’ mondo.”
Ora la figura del bambino acquisisce un maggiore significato, poiché l’esistenza, da quanto detto sin ora, sembra che non parli il linguaggio dell’uomo, ma sia molto più vicina all’animo di un fanciullo. Chi si pone domande come, perché la vita esiste o qual è il fine dell’esistenza, sta semplicemente dimostrando di essere ignorante sulla vita stessa. Solo per amor di discussione, si può osservare che nella domanda, perché la vita esiste, il verbo esistere potrebbe essere equiparato al verbo vivere, quindi si può riformulare la frase come: perché la vita vive. Già a questo punto, senza chiamare in gioco la dimensione dell’essere, ma rimanendo all’interno di un quadro concettuale puramente logico, si è al cospetto di una tautologia, che per sua natura è incapace di trasmettere alcun significato. Questo è un banale esempio che mostra come la mente possa facilmente cadere nella rete del linguaggio, perdendosi in un mondo astratto, inconsistente.
“ - Volontà di verità - chiamate voi, saggissimi, ciò che vi spinge e vi appassiona? Volontà di rendere pensabile tutto ciò che è: così chiamo io la vostra volontà!(…) Questa è tutta la vostra volontà, saggissimi, come volontà di potenza; e anche quando parlate del bene e del male e dei giudizi di valore. Voi volete ancora creare il mondo davanti al quale potervi inginocchiare: questa è la vostra ultima speranza ed ebbrezza.”
(Dal libro "Così parlò Zarathustra", di F. Nietzsche)
Teorie, concetti, speculazioni metafisiche, sono tutti prodotti dell’intelletto umano che è solo una delle tante forme che l’energia creativa assume nel suo continuo gioco di trasformazione. Contraddizioni, tautologie, aporie, conflitti ad ogni livello, queste sono le conclusioni a cui perviene chi osserva, attraverso il ‘cannocchiale della mente’, le immagini che si proiettano sullo specchio, ignaro che alle sue spalle tutto scorre in perfetta armonia. E’ così che la vita si trasforma in un enigma da risolvere, e la volontà di potenza dell’individuo viene prosciugata in una ricerca detta verità. Ma non è forse anche questa stessa verità parte integrante di un colossale fraintendimento? E’ proprio il desiderio di risolvere la sciarada del mondo dei fenomeni che spinge gli esseri umani a erigere simulacri a cui potersi prostrare. È la transitorietà che domina il mondo della creazione che fa nascere nell’uomo il bisogno di valori assoluti, ma questi assoluti sono unicamente la prova tangibile di uno stato mentale confuso dell’individuo.
‘L’occhio della consapevolezza’, per poter penetrare il mistero della creazione, deve dirigersi verso la fonte da cui tutto affiora, deve osservare nell’uomo stesso, per ricongiungersi al punto in cui la suprema volontà di potenza si disperde lungo i molteplici sentieri della mente umana. Non è il desiderio di conoscere e sperimentare che deve essere annullato, ma è la rotta che percorre che va abbandonata, per iniziare una seconda navigazione, un viaggio alla riscoperta della sorgente da cui esso stesso proviene. Rivoltarsi contro il proprio desiderio è un atto suicida, poiché è la vita stessa che attraverso l’uomo crea nuovi spettacoli di forme e colori sul palcoscenico del mondo.
“(…)io sono quella che sempre deve superare se stessa. Certo, voi chiamate ciò volontà di generare o istinto dello scopo, di ciò che è superiore, ulteriore, più vario: ma tutte queste cose sono una sola e un solo mistero.”
(Dal libro "Così parlò Zarathustra", di F. Nietzsche)
Scopo, meta, fine, sono tutti termini che fanno parte della dimensione della mente. L’esistenza non parla questo linguaggio, la vita è più simile al mondo della poesia, dell’arte. E’ solo l’uomo che, sradicato dall’esistenza, continua ad oscillare tra i fantasmi del passato e del futuro. Scrutando attraverso il suo cannocchiale vede le forme sorgere e poi svanire, in lui nasce così l’idea della morte, del tempo che scorre inesorabile, e tutto ciò che ha sperimentato ‘ieri’ lo chiama “io”, un groviglio di ricordi confusi ed evanescenti, mentre tutto ciò che sarà domani lo chiama speranza, desiderio, scopo. Ma l’energia che pulsa e vibra nell’universo non conosce nient’altro che l’istante, l’eterno presente, l’attimo fuori dal tempo e lo spazio in cui l’infinito converge manifestando la sua enorme potenza creativa, generando ciò che è sempre nuovo.
Pier
Tags: Riflessioni sulla vita
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