Il crollo delle illusioni
Alice ha scritto: Caro Pier, come stai? Ti scrivo perché sono in un periodo strano, in cui vivo cose paradossali, e credo di aver bisogno di un confronto, una scossa. Come sai seguo da un po' il tuo blog e da sempre porto avanti studi e pratiche meditative. Negli anni la ricerca interiore infatti è stata pressoché l'unica costante della mia vita, oltre che il mio riferimento più caro. Mi sono addentrata in questa dimensione con entusiasmo, e tutt'ora è l'unica cosa che sento vera nella mia vita. Purtroppo però mi sa che ho mancato in qualcosa perché mi sono accorta di essere ancora piena di idee su come dovrebbero essere le cose, il mondo, le persone. Di questo me ne sono accorta quasi per caso, quando, all'alba dei trent’anni, mi sono scontrata con una serie di delusioni.
Proprio quando pensavo di vivere immersa più nella contemplazione che nell'egocentrismo, mi sono ritrovata coinvolta in una relazione che mi ha fatto precipitare in uno stato di insicurezza e sconforto che non avevo mai vissuto. Non che sia colpa della persona con cui ho questa relazione, più che altro mi sono accorta che dentro di me c'erano ancora veramente molte aspettative verso me stessa e l'altro. Non sto a raccontarti i dettagli, diciamo che ho vissuto con un livello bassissimo di energia per molti mesi, ho litigato fino a farmi venire la gastrite, ho pianto come una fontana, sono rimasta intrappolata in paure ridicole ed ora eccomi qua, in quello che posso definire in tutto e per tutto il periodo della “caduta delle illusioni”.
Mi sono accorta di essermi aspettata tanto da questa persona, e prima di lei, dal lavoro che facevo, e prima ancora dallo sport. Insomma, hai capito l'antifona. Sono ancora immersa nelle aspettative, ed il mio vivere contemplativo deve esser stato ancora così fragile che è bastato un bicchiere d'acqua per spegnere la fiammella che stava prendendo vita. Per fortuna so che quella dimensione è sempre lì, mi basta lasciarmi andare, fluire. Ma ho troppa rabbia dentro. È difficile osservarla. Non so neanche se mi vada. È assurdo, c'è qualcosa che me lo impedisce e mi tiene intrappolata in questo stato di cattiveria, come un animale in gabbia. Mi ero sempre imposta di osservare qualsiasi cosa, ma ora mi sto crogiolando in questo rancore in cui mi trovo. Eppure continuo a meditare! Solo che lo devo fare, chessò, per mezz'ora, imponendomi un inizio e una fine. Non riesco più a farlo durante la giornata, facendo le mie cose, come prima. Quando sono serena e medito va tutto bene, quando sto nelle mie letture anche, ma appena esco nel mondo, ecco che divento una persona che non conosco.
Non mi faccio più domande, non voglio prendere decisioni. Ma non con leggerezza d'animo, anzi. Lo stato d'animo che mi abita è molto oscuro. Alternato ad una sorta di esaltazione che mi coglie di tanto in tanto. È come se fossi diventata cinica. I commenti non mi toccano più, guardo la gente e mi sembra diversa. Mi sembrano “ridimensionati” ed ai miei occhi sembrano tutti poveracci, compresa me. Non mi voglio aspettar più niente. Non voglio più nessun consiglio, parere o punto di vista. Mi ritrovo sola, non che questo mi piaccia, ma infondo penso che vada bene così. È strano a dirsi, ma c'è molta energia vitale in questo cinismo, in questa solitudine. Sono arrivata a concludere che questo periodo è in qualche modo necessario. Nella sofferenza, nel cinismo, qualcosa dentro di me sta crescendo, mi pare. Per la prima volta non mi interessa più dove sto andando, ne cosa sarà della mia vita. Non mi era mai accaduto prima. E una parte di me ne ha paura. Forse la parte di me che ti sta scrivendo e che cerca rassicurazioni. Non vorrei diventare una creatura arida, ma nemmeno voglio più tornare indietro, a cercare qualcosa che probabilmente esisteva solo nella mia mente, ad essere bisognosa e dipendente, come mi sono riscoperta. Questo periodo del viaggio è molto cupo, è come se la barca si fosse fermata in qualche anfratto sconosciuto che mi affascina e al contempo mi fa paura. Non so cosa sarò alla fine di tutto questo e cerco una luce amica nella nebbia. Solo questo.
Un abbraccio,
Alice
Pier ha risposto: Gentile Alice, dal mio punto di vista l'unica vera meditazione è stare pienamente “dentro” il reale accadere delle nostre vite! So che molti si immaginano il meditare come un ritirarsi sulla montagna e il meditatore come una specie di statua priva di pensieri ed emozioni immersa in una inalterabile beatitudine, ma non è così, perlomeno all’inizio, altrimenti non vi sarebbe mai stato nulla da scrivere e da dire. Meditare deriva dal latino “mederi”, che significa “prendersi cura, curare”. Dal termine “mederi” derivano infatti le parole “medicina” e “meditazione”: la prima cura il corpo, la seconda si occupa della coscienza. La cura che richiede la coscienza è fatta di osservazione, ascolto, comprensione di sé e del mondo. Ed è qui che sorgono i guai! Quanti pensano la meditazione unicamente come un metodo che libera istantaneamente dal dolore e dalle fatiche del vivere quotidiano? Molti! E questi molti si sbagliano di grosso. Quanti vanno a corsi di yoga, preghiere di gruppo o altri eventi “spirituali” per anni, sostenendo di trarne infinito beneficio, ma poi quando viene l'ora della vera prova si chiedono: “ma a cosa m'è servito tutto ciò se sono ancora il bambino spaventato o rabbioso di tanti anni fa?”.
Bello rilassarsi per un'oretta al giorno, ma nulla centra con il penetrare i meccanismi della mente, dei pensieri e delle emozioni, sino a vedere le “radici” dell'identità, là dove si genera ogni forma di attaccamento e di paura. Meditare non è come avere un tumore e prendere la morfina, significa operare per rimuovere per sempre la causa del male, e spesso ciò comporta grande intensità e sofferenza. Per me meditare significa stare con ciò che è e non con ciò che ci piacerebbe che fosse. Significa comprendere il reale e non creare ulteriori immaginazioni. Mi sembra di capire che tutto ciò ti sia ormai chiaro e che lo condividi pienamente, ma forse vi sono alcuni punti da approfondire.
Dici: “Proprio quando pensavo di vivere immersa più nella contemplazione che nell'egocentrismo, mi sono ritrovata coinvolta in una relazione che mi ha fatto precipitare in uno stato di insicurezza e sconforto che non avevo mai vissuto.” Dal mio punto di vista, la tua mente, ad un certo punto del suo viaggio, deve essersi seduta in un qualche punto della sponda del fiume della vita, soddisfatta di aver compreso alcune cose e di aver superato alcune difficili correnti, e in quella sosta deve aver iniziato pure a sognare d'essere quasi arrivata alla fine del viaggio. Ma alle rime nuove piogge e alla prima piena, la tua mente è stata riscaraventata nei gorghi potenti del fiume. Bene, non poteva andare diversamente, non ti apre? Infatti non è la mente che può giungere alla fine del viaggio, è il viaggio che farà giungere la mente alla sua fine.
Interessante poi quando dici. “Mi ero sempre imposta di osservare qualsiasi cosa, ma ora mi sto crogiolando in questo rancore in cui mi trovo”. La frase mi fa pensare che tu, prima di questo nuovo terremoto interiore, concepissi la meditazione come un osservare basato su delle condizioni. Infatti, se ora affermi di crogiolarti in questo rancore, mi spieghi perché anche questa fase non rientra nella pura e semplice meditazione? Mi dirai: “e che differenza c'è allora fra me, grande meditatrice, e una comune donna tremendamente incazzata e nevrotica?”. La differenza sarebbe che tu stai osservando la tua mente come se fosse uno spettacolo pirotecnico di fine estate. Ne vedi i desideri, l'attaccamento, le aspettative e le conseguenze capricciose. Chi non osserva e prende le distanza dai suoi meccanismi interiore rimane isterica e basta, crede ciecamente di essere stata delusa e che il suo compagno, il mondo e forse anche pure dio, siano falsi, brutti e cattivi.
Capisci cosa vorrei condividere un po' scherzosamente? “Meditazione” significa rimanere consapevoli senza scelta, direi senza speranza, immaginazione, evasione. Paradossalmente significa godere lo spettacolo delle forme mentali ed emotive senza sovrapporvi veti o pregiudizi di alcun tipo. Prima di questo periodo probabilmente la tua mente stava attraversando una fase dormiente perché non sfidata da eventi esterni. Ha iniziato così a pensare di aver raggiunto qualcosa, ma presto contradetta si è risvegliata iniziando a pensare di non aver raggiunto un bel niente o meno di quel che credeva.
Ora comprendi chiaramente che prima di ogni pensiero deve esservi una consapevolezza che fa da sfondo immutabile e che permette alla mente di proiettare e raccontarsi mutevoli storielle? In un momento si immagina contemplativa, poi cinica, poi rabbiosa e quant’altro. Questo è un buon momento per osservare l’intero movimento del pensiero per svelarlo e interromperlo. Sia raccontarsi di aver raggiunto qualcosa di buono, che il dirsi di non aver raggiunto nulla, sono aspetti complementari del medesimo flusso di pensiero condizionato. Lasica che la consapevolezza percepisca tutto ciò senza prendervi parte, rimani in un una stoica osservazione delle peripezie che la mente compie. Guarda come l'ego creda di potere e dovere raggiungere qualcosa, ti sussurri che sei mancante di qualcosa, che hai fallito, che devi ricominciare daccapo e lascia scorrere tutto ciò come acqua torbida di un fiume in piena.
Dici: “Mi ero sempre imposta di osservare qualsiasi cosa, ma ora mi sto crogiolando in questo rancore in cui mi trovo”. A cosa serve che ti imponi di osservare? Non accade da sé l'osservazione e la comprensione?
Quell'importi d'osservazione viene dalla mente che furbescamente si racconta di voler vedere tutta la realtà perché in verità sa di vivere evitando la totalità dei fatti. Lascia perdere l’importi di osservare. Se permetti alle cose di essere come sono, senza importi alcunché, scoprirai spontaneamente cosa la mente evita e perché. Dici: “ma ora mi sto crogiolando in questo rancore in cui mi trovo”. Cambia prospettiva, inizia a dirti: “ora vedo la mente crogiolarsi in questo rancore”. La mente sta mostrando la sua natura condizionata, la consapevolezza lo vede e comprende, ed in questa sua amorevole cura risana il “corpo psichico”. Scopri come il crogiolarsi nel rancore per poi giudicarsi sia tutto un unico movimento del pensiero, che nel frammentarsi per poi opporsi a se stesso trova la sua energia, il suo ingannevole modo di perpetrarsi.
Dici: “ho troppa rabbia dentro?”. Dentro cosa? Sei una specie di vaso di Pandora? Non fraintendere la realtà delle cose. Questa affermazione mostra come tu sia ancora convinta di essere il “corpo-mente”. Sei ricaduta nell’illusione. Tu hai un corpo e una mente, non “sei”! Il “corpo- mente” è per la consapevolezza quello che sono i capelli per il corpo. Il tuo corpo ha dei capelli ma non è i capelli. I capelli puoi tagliarli, colorarli, pettinarli. Sono una sorta di estensione altamente mutevole del corpo, ma non sono il corpo. V’è anche chi è calvo, e la sua vita scorre benissimo. Stessa cosa sarebbe per la consapevolezza se non fosse identificata al “copro-mente”. La rabbia è là fuori, è il colore che ha preso la mente temporaneamente, come, sempre seguendo la metafora, i capelli sono là fuori, in questo periodo colorati di un nero pece. Ma tu sei la consapevolezza, quella presenza che testimonia il fenomeno della rabbia. Stessa cosa direbbe il corpo per i capelli: “io sono la base, il fondamento, io permetto ai capelli di crescere, muoversi, cambiare colore, senza di me morirebbero definitivamente, ma io senza di loro non patisco alcun male”.
Similmente nulla può succedere a te in quanto pura consapevolezza. Lascia quindi che la mente mostri i suoi contorcimenti, che sfoghi tutto ciò che porta con sé, perché a te “soggetto” non può accadere alcun male! Può colpirti solo se hai altri piani per il fine settimana. Anzi, è proprio per questo che la mente non riesce a terminare la sua “danza della guerra”: perché ti intrometti, perché la giudichi, perché ti identifichi e di conseguenza la vuoi modificare.
Dici: “Mi ero sempre imposta di osservare, ma ora...”. Ma ora cosa? Cosa c'è che non va nel crogiolarsi della mente? “Eppure continuo a meditare!”. Cosa significa? Sembra che meditare sia un'azione in opposizione allo stato agitato della tua mente. Se è così fermati, smettila di meditare, lascia perdere quella mezz'ora di violenza personale che ti imponi. Lascia che le cose si completino da sole. La tua mente e le tue emozioni faranno il loro lavoro, la tua consapevolezza farà il suo. E tu? Non fare nulla, perché tu sei solo un problema, sei solo un fraintendimento che rallenta la cura della consapevolezza.
Chi è profondamente identificato con i processi della mente, se ci fai caso, non è nemmeno particolarmente angustiato dalle cose della vita. Chi si è risvegliato non percepisce più nulla in sé come scisso dal movimento unitario dell'esistenza, pertanto si relaziona con la medesima cura che ha per se stesso anche agli altri. La fase più difficile nasce quando siamo nel mezzo, quando oscilliamo fra momenti di forte identificazione con i meccanismi della mente e momenti di lucidità, il punto esatto in sei tu ora. Per uscirvi non fare nulla, perché da questo punto ogni fare o volere ti riporta all’identificazione.
Prosegui dicendo: “È come se fossi diventata cinica. I commenti non mi toccano più, guardo la gente e mi sembra diversa. Mi sembrano “ridimensionati” ed ai miei occhi sembrano tutti poveracci, compresa me.”.
Da queste parole sembra che il crollo delle tue illusioni stia alzando molta polvere, ma non essere troppo dura con il mondo, le persone, compresa te stessa. Non è colpa loro se sino a qualche tempo fa per la tua mente dovevano soddisfare grattacieli di aspettative ed ora, non avendo corrisposto al compito, sono finiti schiantati a terra impolverandosi e rompendosi molte ossa. Lascia che passi anche questa fase di caduta e comprendi. Guarda come la mente ama appendere cartelli colorati alle cose e alle persone rimanendo poi delusa perché non corrispondono a ciò che vi aveva sovrimpresso. Se metto un cartello al collo di un ranocchio con scritto principe, il ranocchio resta sempre e solo un ranocchio, e quando me ne accorgo sono solo io che lo definisco impostore per non accollarmi l'etichetta di illuso. Pare che tu ora stia facendo entrambe le cose. Definisci il ranocchio impostore e te stessa illusa: poveraccia la gente e poveraccia te. Osserva e basta! È bene che i commenti non ti tocchino più, ma se ciò accade perché sei diventata sorda, è un guaio. I commenti delle persone sono sempre utili per una mente aperta e libera, servono a mantenerla vigile e riflessiva. Diverso è quando la mente cerca l'approvazione degli altri, poiché in questa ricerca rimane ferita divenendo spesso sempre più sorda. L'ego è costantemente alla ricerca dell'approvazione e quindi non può che rimanere ferito, la consapevolezza, diversamente, è sempre aperta ad ogni cosa, ascolta. intuisce e scioglie i nodi. Fa tesoro di ogni situazione, sapendo distinguere il falso dal vero, l'utile dal superfluo. Dici: “Non mi voglio aspettar più niente. Non voglio più nessun consiglio, parere o punto di vista”.
Dal mio punto di vista, che forse una parte di te vuole, lascia perdere il “voglio” quanto il “non voglio”. Ancora ripeto, lascia che le cose accadano naturalmente. Se un parere arriva, la consapevolezza lo comprenderà e saprà dove metterlo: nel cestino o nel bagaglio della vita. Diverso è per l'aspettarsi qualcosa. Rimanere aperti all'imprevisto, al nuovo è una prerogativa della consapevolezza più profonda. Smettere di sperare o progettare perché delusi e amareggiati è un movimento della mente egoica ferita.
Perdona il mio essere ripetitivo, ma per concludere questo piccolo viaggio fatto assieme vorrei provare a riassumere quanto detto. Lascia che i meccanismi dell'ego terminino i loro inevitabili movimenti, mentre tu ti radichi sempre più nella consapevolezza. Ciò non significa stare a gambe incrociate tutto il giorno o imporre alla mente la quiete quando in realtà sta andando in fiamme. Significa stare con ciò che è, quindi se la mente è rabbiosa la consapevolezza rispecchia la rabbia, se la mente è triste rispecchia la tristezza, e così per ogni cosa, soprattutto per quei momenti in cui sembra che la consapevolezza sia stata totalmente persa. Pure la confusione e lo smarrimento non sono altro che stati della mente che la consapevolezza rispecchia e comprende, anche se a volte lo fa con una specie di ritardo. Viene così il momento in cui la mente è sempre meno “mobile” proprio perché non stimolata dal nostro intervento agitato e impaurito. Quando la mente e il cuore divengono quieti la consapevolezza ha terminato il suo lavoro di cura e amore, a quel punto si fonde con la sorgente.
Tags: Ricerca della felicità, Aiuto psicologico
Commenti
Un abbraccio..
grazie per la tua risposta: mi hai smontato come un lego! :)
Scherzi a parte, quando ti ho scritto, mi rendo conto, ero proprio in una fase nera, ora che ti rispondo mi trovo in un momento completamente diverso.
E' verissimo quello che hai scritto "probabilmente la mente non riesce a terminare la sua danza della guerra proprio perché tu ti intrometti". In effetti ho compreso che molto del mio dolore derivava dal volere le cose diverse, sia dentro che fuori.
Alla fine di tutto non ho più opposto resistenza ne alla rabbia ne al dolore, ho smesso di voler cambiare le cose e ... le cose sono cambiate. La guerra è finita e con essa molte altre cose. Insomma tutto ha trovato un po' il suo posto in modo spontaneo.
Sono quasi felice di aver attraversato questo periodo nero, perchè mi ha dato la possibilità di approfondire ancora meglio cos'è e cosa non è l'accettazione, la consapevolezza .. e nel mentre mi sono alleggerita un po'.
Ora mi godo un po' la quiete, va :)
Pranoteki: grazie anche a te! in questo momento le tue parole mi arrivano dirette e non sai quanto le apprezzo :)
un abbraccio,
Alice
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