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Mistici e maestri illuminati

Osho: la contraddizione non esiste

nuvoleLucia ha scritto: Caro Pier, grazie per la tua precedente risposta. Ora, però, le cose si sono complicate ulteriormente. Ho comprato e letto il libro di Osho che hai citato e, fra le varie cose che dice, ho scorto una contraddizione enorme. Osho dice che la coscienza di se stessi è una malattia, è una continua paura di ciò che gli altri pensano e dicono di noi causata dal fatto che non siamo in contatto con la nostra natura interiore. Poi, in un altro passaggio, dice che noi uomini abbiamo paura degli altri perché abbiamo paura di noi stessi, e che gli altri sono solo lo specchio di quel che noi siamo. Non ti pare insensato? Da un lato dice che abbiamo paura degli altri perché dipendiamo da quel che dicono e pensano di noi, dall'altro dice che temiamo gli altri solo perché temiamo noi stessi. Sapresti chiarirmi questi punti.

Grazie per il tempo che mi dedichi,
Lucia

Pier ha risposto: Cara Lucia, dal mio punto di vista, nelle parole di Osho non v'è alcuna contraddizione. La coscienza di sé è una sovrastruttura, un ramo spurio della Coscienza originaria, che tutti ci creiamo e tutti ci aiutiamo a sostenere per paura di dover fare i conti con chi siamo veramente. L’ambiente che ci circonda, sin dalla prima infanzia, non ci aiuta a divenire individui liberi e consapevoli, anzi, ci sprona in tutti i modi a sviluppare degli atteggiamenti, dei comportamenti, delle strutture di personalità. Ci “educa” a divenire degli attori ben inseriti all'interno delle regole dello spettacolo "società". La nostra cultura non essendo ancora in grado di accogliere, accettare ed educare veramente, tenta di plasmare, costringere ogni individuo entro schemi prestabiliti e condivisi.

Sin dal primo giorno di vita ci insegnano come dobbiamo comportarci a tavola, a scuola, a casa degli altri, per la strada, quando parliamo, camminiamo, ci sediamo, balliamo, quando facciamo sesso o quando entriamo in una relazione d'amore. Un certo adeguamento è cosa sana, soprattutto per quanto riguarda le leggi e le regole pratiche dello stare assieme. Ma quando l’adeguamento contamina la sfera interiore e valoriale superando i confini del vivere senza arrecare danno iniziano i guai. L'educazione che subiamo non ci aiuta a divenire consapevoli delle nostre emozioni, dei nostri sentimenti, desideri e aspirazioni, ma ci insegna quel che dovremmo essere, reprimendo quel che in realtà siamo e sentiamo. Ecco allora che fra sforzi e sensi di colpa si fa ogni cosa possibile per rendere chi è ancora libero, spontaneo e vivo un buon animale domestico, un bravo cittadino addormentato. Essere coscienti di sé significa avere una consapevolezza “educata” a difendere e sostenere una certa immagine di quel che si dovrebbe essere e fare, quell’immagine che nel tempo le spinte e le richieste dell’ambiente esterno hanno sovrapposto coercitivamente alla libera e spontanea Coscienza originaria. É questo, secondo me, quel che Osho chiama consapevolezza malata. Una consapevolezza unicamente estroversa, che è stata sradicata dalla sua sorgente interiore attraverso molteplici condizionamenti. Questa sorta di sovrastruttura di coscienza ci rende dipendenti gli uni dalle opinioni degli altri, infatti, se ci pensiamo bene, l’immagine di sé può sopravvivere unicamente grazie al legame che mantiene il paragone, la conferma o il rifiuto che ci ritorna il mondo esterno. Quando la nostra immagine viene confermata ci inorgogliamo ed espandiamo emotivamente, quando viene negata ci chiudiamo e soffriamo. In fin dei conti la vita della maggior parte delle persone procede così, tra lodi e critiche. Ci insegniamo vicendevolmente a dipendere dal giudizio altrui e a giudicare, perdendo progressivamente la capacità di vivere liberi dalla paura di premi e punizioni. Se non avessi un’immagine interiore, più o meno statica di chi e come dovrei essere che coscienza avrei di me stesso? Come potrei paragonarmi agli altri e da quali basi potrei giudicarli? Osho afferma che temiamo il giudizio altrui, ma aggiunge anche che temiamo gli altri perché temiamo noi stessi: in questa affermazione, per me, non v'è alcuna contraddizione.

Temere gli altri e temere noi stessi sono le due facce di una stessa medaglia, sono ambedue conseguenze dell'essere stati condizionati a creare e credere in un immagine di sé illusoria. Attraverso il condizionamento che subiamo, quel che sappiamo di noi stessi è in gran parte mutuato da quel che gli altri ci hanno detto soprattutto nell’infanzia (bravo bambino, sciocco, incapace, forte, intelligente, pauroso…). I giudizi si fissano nella mente come una maschera di emozioni e idee a cui aderiamo o che tentiamo di negare. In entrambi i casi viviamo vincolati a idee acquisite che offuscano lo stato di pura consapevolezza innata formando una coscienza di sé. Questa coscienza spuria ci porta così a manipolare o reprimere il nostro sentire più autentico per aderirvi o resistervi, sino a compromettere pesantemente la connessione con le energie più profonde dell’Essere. Dentro di noi iniziano così a muoversi molteplici spinte emotive e mentali, represse per poter continuare a corrispondere alle richieste di adeguamento della società, della famiglia, della scuola, o come dicevo, posso anche ritrovarmi a vivere in una continua reattiva per sconfessare un’immagine che non sopporto ma che comunque mi condiziona.

“Se non tengo sotto controllo la mia sessualità, magari, in un momento di rilassamento, mi ritrovo a fare dei commenti inopportuni ad una mia dipendente o magari alla moglie di un mio amico. Se non controllo la mia rabbia posso trovarmi con le mani al collo del mio capo o a insultare il primo che mi attraversa la strada senza rispettare la precedenza. Tutto ciò non deve accadere altrimenti che fine farebbe l'immagine attraverso cui sopravvivo nella società. Tutti mi pensano un buon manager, un bravo ed educato professore, una bravo papà e marito: cosa diranno le persone se mi trovano a flirtare con la domestica o a bestemmiare per la strada?” Questo è uno dei tanti possibili dialogo inconscio che passano per la testa delle persone a seconda della sfida del momento e del luogo. Tutto ciò che abbiamo represso dentro di noi, quando siamo a contatto con gli altri viene costantemente stimolato. Chi mi evoca sensualità stimola la mia energia sessuale repressa, chi mi evoca rabbia richiama la mia ira bloccata e accumulata, e così via. Ecco allora che temo gli altri non solo perché sono i garanti della mia immagine identitaria, ma anche perché possono far emergere quel che costantemente cerco di tenere sotto controllo.

Se ci pensiamo bene questa condizione, comune a quasi tutti noi, è tremenda. Viviamo aggrappati al giudizio degli altri, ma essendo questo mutevole e capriccioso, siamo sempre stretti dall'ansia e dalla paura di non venire confermati e accettati. Tutto ciò, inoltre, ci fa vivere tentando di reprimere costantemente quel che sotterraneamente si muove, nella perenne paura di svelare quel che nascondiamo, finendo schiacciati fra incudine e martello. Il martello rappresenta il giudizio altrui, l'incudine tutto ciò che in noi è stato represso e che nelle quotidiane relazioni può emergere. Non dobbiamo quindi stupirci troppo della follia che contraddistingue molte relazioni.

Per queste ragioni, dal mio punto di vista, nelle parole di Osho non v'è alcuna contraddizione. L'unica contraddizione sta nella vita che abbiamo creato, nella società frammentata e ipocrita che abbiamo generato. I bambini sono colmi di energia, esprimono tutta la gamma delle loro emozioni e dei loro sentimenti, sono sani, scoppiano di salute fisica e psichica. Possono essere capricciosi, violenti, rabbiosi, teneri, amorevoli, estatici, in una sola ora mutano mille volte a seconda di quel che accade perché sono ancora liberi, spontanei e privi di sovrastrutture.

Un bambino andrebbe aiutato a divenire consapevole delle proprie emozioni e dei propri pensieri, rendendolo capace di gestirli, di giocarvici e di lasciarli maturare naturalmente. Ma un grosso problema sta nel fatto che la maggior parte delle prime emozioni e dei primi pensieri che formula un bambino sono già il prodotto delle risposte date dall'ambiente in cui sta crescendo. Pertanto con genitori inconsapevoli crescono spesso figli inconsapevoli. Non è un fatto assoluto ma altamente probabile.

Una vera rivoluzione, il vero cambiamento possibile, possono nascere unicamente dall'educazione che trasmettiamo ai bambini, ma perché ciò accada dobbiamo esser stati capaci di liberare ed educare noi adulti. Paghiamo migliaia di euro gli insegnati universitari e poche centinaia di euro le maestre delle scuole materne, gli insegnati delle elementari e delle medie. Questo ci dice molto su quanto poco consapevoli siamo di dove stiano le vere radici dell’albero della vita. All'università un insegnante poco formato, motivato e consapevole non può fare grandi danni, alle elementari può essere devastante.

Cara Lucia, educhiamo le persone e ci educhiamo alla repressione, alla colpa e alla strutturazione di comportamenti superficiali e ipocriti. Così viviamo nella paura di quel che dicono gli altri e nella paura di quel che si nasconde in noi stessi. È necessario diffondere e insegnare una cultura e un'educazione basate sulla consapevolezza dei sentimenti, delle emozioni e dei meccanismi del pensiero. Ogni individuo dovrebbe essere educato a conoscere se stesso, le sue risposte interne, i suoi talenti, senza giudizio e repressione, con amore. Così potremo anche educare i nostri figli senza fare troppi danni.

 
Un abbraccio,
Pier
 

Tags: Maestri spirituali, Crisi spirituale

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Commenti   

# Renato 2011-06-02 11:46
mi dispiace ma dopo aver letto questa differenza fra coscienza e consapevolezza, ho letto vari libri di osho, ma sono ancora piú confuso. Una cosa é certa se non cambiamo noi il modo di essere nel- la vera essenza della vita , mai incontreremo la ragione dei nostri comportamenti : istinto, natura e dove sono i nostri limiti per poter vivere con consapevolezza e coscienza questa nostra vita piena di contradizioni del potere e sapere....
+1 # Vanna 2011-06-02 13:31
Anch'io nei pimi libri di Osho notavo le contraddizioni ma poi ho imparato, secondo me lui lo faceva apposta per farti ritrovare e farti osservare e mentre ti osservi vedi le tue, infatti io ora ci rido e cerco di trovare un'equilibrio. Baci a tutti

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